Vacanze italiane, in auto. Per lo più in famiglia, quasi certamente in Italia. Dicono che il 60 % degli italiani non si sia mosso. Ma a ben vedere le città sono desolatamente deserte. Si rianimano, poco, alla sera. Nei locali della movida, per qualche bevuta troppo ravvicinata, con immancabile intervento della polizia municipale per evitare assembramenti.
Il centro: un reticolo di strade vuote, dove si potrebbe quasi sentire l’eco dei propri passi, se non fosse che i tacchi affondano nell’asfalto molle per la calura insopportabile. Che quest’anno non demorde. Almeno avesse ucciso il Covid. No. Neanche temperature intorno ai 40 gradi hanno sconfitto il nemico invisibile. Anzi. Dalle mete più gettonate, quelle che magari abbiamo solo sognato, eccolo riemergere, più fastidioso di prima. Questo virus che ci ha cambiato la vita. Che impedisce di mettere il rossetto, di leggere il labiale, di respirare a pieni polmoni. Non ci resta che capire chi abbiamo di fronte leggendo la mappa dei tatuaggi, intercettandolo in lontananza. Perché il distanziamento ha reso difficili pure le relazioni interpersonali. E allora social, social e ancora social. A figurarci un’estate che non è stata e non sarà. E un autunno incerto. Perché la festa è finita. Le danze pure, l’autunno è incipiente e forse anche solitario. Fatto di smart working e di isolamento al computer, tra monoporzioni seduti al terminale, aspettando un’altra estate.