Che cosa mi racconta la lettera del boss
Una lettera degna della mitologia del pentimento biblico. Sebastiano Lo Giudice è un boss che ha commesso tutto il peggio possibile, e da dieci anni è detenuto in una cella singola, con un letto, un tavolo e una sedia inchiodata a terra. Isolato dagli altri, ma senza alcuna privacy: non può possedere oggetti personali, neanche un libro, ed è sorvegliato 24 ore su 24. Il modo esterno non esiste. E dopo più di cento mesi di questo oblio, l’ex assassino disinvolto scrive a tutti i ragazzi di Catania. Esordisce invitando a non rovinarsi la vita con alcool e droga, e a lavorare con onestà e dignità. E qui me li vedo i giovani siciliani alzare le spalle di fronte a belle parole inutili.
Ma poi alza il tiro: “Istruitevi, aprite gli occhi”. Perfetto, sono sinonimi di senso. “Lasciate perdere i falsi miti… non date adito alle millanterie dei quartieri perché prive di fondamento e fine a se stesse”.
In questa frase c’è finalmente la sofisticata chiamata in causa di Cosa Nostra, quella che ha deciso di non tradire esplicitamente: non è un pentito, non collabora con la giustizia. Il suo pentimento è solo come uomo. Un esercizio contradditorio e funambolico, degno di un avvocato. O di un politico di ultima generazione.
Quindi si va dove lo porta il cuore, e cita le sofferenza inflitte a quell’appartenenza profonda che è la famiglia. Fino al punto che preferisco. “Ho visto tanti bravi ragazzi perdersi senza capirne la motivazione”.
Qui sento la svolta.
È un’assurdità, il crimine tentacolare e organizzato. Perchè ti regala una vita priva di gioia e di scoperta; soltanto bene materiale a un prezzo umano immenso. Tempo che si trasforma in noia e senso di colpa.
Ora: traspare il tentativo di rimediare a un ergastolo, perché poi Lo Giudice dice che spera di godersi i nipoti, ma se non dovesse sconterà con dignità la sua vita da seppellito vivo.
È una lettera ambigua, certo. Ma forse è proprio questa ambiguità, sentimento al quale si abbevera da sempre la testa mafiosa, a parlare con efficacia a chi vive circondato da questa dimensione. Chi vuole capire, capirà.
MAURIZIO BARUFFALDI
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