#laverascuola
9:18 am, 24 Febbraio 15 calendario

La supercazzola de #labuonascuola

Di: Redazione Metronews
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Ci perdonerete il divertissement, ma siamo insegnanti, abituati a pretendere – da noi stessi come dai nostri alunni – discussioni consequenziali su informazioni verificate e congruenti. Per noi, dunque, il merito di una riforma si misura anche nel metodo con cui viene realizzata, e così non abbiamo potuto non guardare con occhi sognanti la performance del presidente Matteo Renzi alla kermesse PD sulla scuola celebrata in pompa magna domenica scorsa.
Perché abbiamo assistito non alla presentazione di un progetto di legge, ma ad uno spettacolo di varietà, una serie di interventi sugli argomenti più disparati, in cui si presentavano iniziative di questa o quell’altra scuola: insomma, una sfilata di siparietti in successione (come piccoli sketches, nella logica dell’avanspettacolo, con tanto di sipari musicali eseguiti da un’orchestra giovanile), uno indipendente dall’altro, e soprattutto, tutti privi di rapporto con quanto si sta per decidere da parte del governo.
Ovviamente, nessuno spazio per una discussione. Perché non prevista, banalmente, ma anche perché furbamente resa superflua dalla luccicante confezione: come dissentire se una preside ti racconta la sua lotta contro le merendine confezionate o un sindaco ti presenta i progetti di integrazione culturale dei bambini figli di cinesi immigrati? O se un cestista NBA, in video registrato – sì, c’era anche quello – ricorda l’importanza dello sport? L’effetto finale è duplice: fingo di essere disponibile all’ascolto (“vedete quante persone facciamo parlare?”) e nello stesso tempo, con destrezza, nascondo i temi sostanziali e li sottraggo ad ogni discussione. “Abbiamo ascoltato gli insegnanti per sei mesi”, è stato detto, “ora decidiamo”. Ascoltato chi? Al massimo avranno ascoltato moglie e suoceri di Renzi, non certo un campione statisticamente attendibile. E, inoltre, ascoltato come? Perché in questi sei mesi di ascolto, nella Buona Scuola non è cambiato praticamente nulla. Alla fine degli interventi (usati tutti come spot, senza che il Governo abbia alcun merito al riguardo), ecco i politici sul palco, come attese popstar (vedi gli stacchetti rock): l’idea abilmente suggerita è che ciò che essi faranno, dopo aver ascoltato tante buone cose, sarà appunto metterle in pratica, e che eventuali contestatori – come appunto ci sono stati – siano nemici del buono che c’è nella scuola. I soliti gufi. (Contestatori finiti poi in questura, perché?).
Nei fatti l’obiettivo dei quarantacinque minuti di discorso del premier è stato intestarsi il merito di buone pratiche o anche solo di buoni propositi che in realtà sono precedenti e autonomi dall’azione del governo, se non addirittura realizzati da volenterosi docenti malgrado le riforme e i tagli dei governi di destra e di sinistra, quello di Renzi compreso (in molte scuole sono quasi a zero, quest’anno, i fondi per le attività integrative). Per il resto, una serie di affermazioni ovvie e condivisibili nella loro genericità rassicurante e sottratta a verifiche: il ruolo del docente celebrato (e sminuito nella riforma in fieri), gli stipendi da aumentare (intanto, contratti bloccati e straordinari non pagati), la digitalizzazione (e nel frattempo si bloccano i fondi per le lavagne interattive). Il tutto in un toscanaccio tono da zingarata.
Insomma: tre ore di autocelebrazione di partito e di governo per una Buona Scuola prematurata con scappellamento a destra.
GIANFRANCO MOSCONI E SEBASTIANO VALENTINO CUFFARI

24 Febbraio 2015
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