La storia dei migranti diventa un thriller
ROMANZI Un romanzo che parte da un terribile delitto compiuto negli Stati Uniti in questi anni. Due anziani coniugi indiani trucidati in casa loro. Mentre dormivano, abbracciati. A questo punto ci aspetteremmo un giallo. Invece Kalyn Ray, traduttore di poesia indiana, in “Una casa di acqua e cenere” (Nord, p. 477, euro 18) ci porta altrove. Ad attraversare, a partire dall’Irlanda di metà Ottocento, le vite di due amici che da lì fuggono per la carestia. Ritrovandosi uno in India e l’altro in America in una saga che arriva sino ai loro figli, i loro nipoti e che alla fine ci porta all’incipit del libro.
Voleva scrivere un thriller o un romanzo storico?
Io volevo scrivere un romanzo sulle grandi migrazioni storiche che spesso hanno avuto esiti tragici. Personaggi costretti a spostarsi in altri paesi che sono assenti dalla grande storia ma che in realtà sono quelli che mi interessano di più.
C’é qualcosa di personale?
La storia della mia famiglia è molto simile. Erano originari del Bangladesh. Io sentivo da bambino tante storie legate a una casa lontana ma non sapevo dove fosse. Poi negli Stati Uniti ho conosciuto tutte persone immigrate da diverse parti del mondo e ho compreso che il senso di appartenenza è sempre molto locale, non è mai collegato a una nazione ma a una regione, una città.
Quanto ha contato nello stile del libro il fatto di essere un traduttore di poesia?
Moltissimo. Anche in prosa bisogna stare molto attenti a scegliere le parole giuste. Inoltre dato che c’erano personaggi appartenenti a epoche diverse è stato un po’ come tradurre le loro voci scrivendole sulla carta.
Il titolo originale è “No Country”, una poesia del poeta Yeats…In Italiano è completamente diverso. Cosa significa?
Dopo il funerale, secondo la tradizione indu avviene la cremazione e poi le ceneri della persona vengono disperse nell’acqua. Quindi il titolo fa riferimento a questo: al fatto che tutte le speranze e le paure alla fine si sciolgono nella cenere e nell’acqua.
ANTONELLA FIORI
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