Le vittime di femminicidio nello sguardo di chi resta
C’è Letizia, una delle prime madri a combattere perchè fosse fatta giustizia sulla morte di sua figlia, uccisa nel 1991 dal suo fidanzato. Giovanni invece è sopravvissuto all’omicidio di entrambi i figli, Ilaria e Gianluca, massacrati dall’ex fidanzato di lei. Giacomo è un orfano, fin da piccolo ha assistito alle violenze del padre sulla madre, che lo aveva denunciato ma è stata uccisa lo stesso. Giovanna e Vera sono due madri siciliane che hanno perso le figlie per mano di uomini violenti, ora fanno rete e vanno nelle scuole a parlare di violenza di genere. Raccontare cosa avviene prima e dopo un femminicidio attraverso le parole di chi resta, Le conseguenze (Settenove, pagg. 120, € 14,25), come recita il titolo del suo libro, è il compito che si è assunta la giornalista Stefania Prandi, un viaggio di tre anni, nel dolore di madri, soprattutto, padri, sorelle, figli, divenuti loro malgrado attivisti e combattenti. Prandi ha realizzato anche un reportage fotografico, esposto già in varie mostre.
«Il femminicidio è una bomba atomica» che travolge molte vite, dice una delle protagoniste del libro. Come è avvenuto l’incontro con queste persone?
«Da anni mi occupo di tematiche di genere e volevo parlare della violenza in un modo diverso da come viene trattato normalmente dalla cronaca, in modo spesso morboso e empatizzante nei confronti delle ragioni dell’aggressore: lei lo aveva lasciato, era geloso, ha avuto un raptus. Quello che ho voluto fare era invece approfondire la dinamica della violenza maschile e gli effetti a lungo termine sulle famiglie».
Queste persone si sono aperte con lei, è stato difficile?
«Sì, ho incontrato molte persone, più volte, qualcuno ha rinunciato e non ce l’ha fatta».
Tutte queste madri-nonne attiviste ricordano un po’ le madri di plaza del Mayo, ma senza la capacità di ottenere un’eco mediatica.
«Si fa molta fatica a dare visibilità a queste famiglie traumatizzate, ai loro problemi, alle disattenzione dello Stato. Basti dire che non esiste un registro ufficiale dei femminicidi e nemmeno degli orfani».
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