Calcio
5:00 am, 12 Aprile 19 calendario

Ciccio Graziani: “Io? Mai smesso di essere calciatore”

Di: Redazione Metronews
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CALCIO Incontro Ciccio Graziani, 67 anni, a margine della presentazione di “Un campione per amico”, una iniziativa che vedrà lui, Adriano Panatta, Jury Chechi ed Andrea Lucchetta come ambasciatori  dello sport in 10 piazze italiane, coinvolgendo 10mila bambini delle elementari e medie, per trasmettere i valori positivi dello sport e della solidarietà. Adriano Panatta, scherzando, gli ha appena detto che ormai non sa fare più gli assist.  
Allora Ciccio, riesce ancora a farli gli assist?
«Ma si, certo, Adriano (Panatta, ndr) scherza…guardi che io ancora gioco a calcetto: certo a ritmi bassi, con le persone giuste… ma qualcosa di buono riesco ancora a combinarla in campo».
Quando allenava il Cervia in un reality, era sempre una furia in panchina. Sembrava costantemente voler entrare in campo per giocare, più che allenare: non sarà che non ha mai “ucciso” il calciatore che è in lei?
«No, il giocatore che sei stato non muore mai: il passato ti da la forza di vivere il presente da protagonista».
Infatti Eusebio Di Francesco, per citare il caso di un altro ex calciatore, quest’anno si è spaccato una mano tirando un pugno alla panchina della Roma.  
«Faccio un esempio: Dino Zoff in panchina non è mai stato uno di quelli che fanno casino. Antonio Conte invece sì. È il carattere che ti porta a mostrare la foga: quello che è importante, secondo me, è cercare di trasmettere dei valori positivi  anche in virtù dell’esperienza che hai maturato».  
Come è nata l’iniziativa “Un campione per amico?”
«Da una idea di Adriano (Panatta, ndr). Quest’anno festeggia i 20 anni. Giriamo l’Italia, andiamo in grandi piazze dove troviamo una grande partecipazione da parte dei bambini».  
 Che forse oggi fanno poco sport…
«Infatti. Un genitore deve rendersi conto che un bimbo che fa sport cresce meglio. Poi va bene tutto, la Playstation, la tv. Quando mi dicono che non fanno sport mi arrabbio sempre».
30 maggio 1983, finale di Coppa Campioni Roma-Liverpool. Certo quel rigore sbagliato…
«I rigori non li sbaglia solo chi non li tira. Ma poi, guardi, non capisco una cosa: l’abbiamo sbagliato io e Bruno Conti il rigore in quella finale di Coppa campioni. Bruno, quando lo vedo, mi dice che a lui nessuno chiede nulla, invece a me è un continuo. Non è giusto, l’abbiamo mandata fuori in due la palla (ride, ndr)».
Non le vedo tatuaggi, come i calciatori di oggi…
«Tatuaggi io?»
È la moda del calcio, non si scappa.
«Oggi non ci si ragiona su questo tema, i giocatori hanno preso una deriva inarrestabile. Io capisco se uno vuol tatuarsi un nome, una data, un ricordo: ma farsi un quadro in faccia o addosso mi sembra esagerato».
Voi come avete festeggiato la vittoria del Mondiale in spagna nel 1982?
«Mah, cosa vuole, ci siamo abbracciati, abbiamo sorriso, ci siamo resi conto di aver fatto una cosa meravigliosa, però senza esagerare troppo. Perchè poi nella vita il giorno dopo devi sempre guardare avanti».
Che mi dice sulla lotta per il  quarto posto?
«È una lotta strepitosa. Milan, Roma, Lazio ed Atalanta devono crederci, sarà una lotta all’ultimo sague fino alla fine del campionato. Non ci annoieremo, nonostante lo scudetto sia stato da tempo assegnato, di fatto».
Come avrebbe gestito lei il caso Icardi all’Inter?       
«La verità è che ancora oggi non sappiamo perchè sia stata tolta questa fascia da capitano. Io, poi, credo che l’errore di Spalletti sia stato non averlo convocato contro la Lazio (domenica 31 marzo, ndr) perchè non ancora in forma, e poi averlo fatto giocare 80 minuti il mercoledì successivo. Qualcosa non torna».  
La Juve vince la Champions?
«Io l’ho detto in tempi non sospetti: Juventus, Manchester City o Barcellona alzeranno la coppa dalle grandi orecchie».
ANDREA BERNABEO

12 Aprile 2019
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