Nicola Bernardi
5:16 am, 20 Novembre 18 calendario

Privacy, cosa non andava nella norma sull’e-fattura

Di: Redazione Metronews
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Immaginate uno Stato che si arroghi il potere di controllare in modo generalizzato e sistematico ogni aspetto della vita quotidiana dell’intera popolazione di una nazione, potendo conoscere quali beni e servizi acquista ogni singolo cittadino, le abitudini e tipologie di consumo, essendo in grado di accedere a tutte le informazioni contenute nelle bollette del telefono e quelle della luce e del gas, e sapendo perfino dettagli legati alla sua sfera privata come informazioni riguardanti le condizioni di salute, le opinioni politiche e religiose, o i suoi orientamenti sessuali.
Con questo scenario da grande fratello globale, non stiamo però alludendo ad un romanzo di Orwell, e neanche a quello che potrebbe fare nell’immaginario collettivo Google nel 2050, ma alla potenziale situazione che si sarebbe realmente delineata in Italia dal 1 gennaio 2019 con l’introduzione dell’obbligo della fatturazione elettronica, se non fosse però intervenuto il Garante per la Privacy con un provvedimento con cui ha avvertito l’Agenzia delle Entrate circa rilevanti criticità che sono emerse sulla compatibilità con la normativa in materia di protezione dei dati personali del sistema di interscambio (SDI) così come era stato regolato.
Seppure quello di controllare che imprese e cittadini paghino le tasse dovute sia interesse legittimo da parte dello Stato, altrettanto non si può dire dei criteri pervasivi  individuati per perseguirlo su larga scala, e se l’Agenzia delle Entrate li avesse adottati indisturbata, il prossimo veglione di fine anno milioni di italiani avrebbero avuto poco da festeggiare se avessero saputo quello che li attendeva dal mattino seguente. 
Lascia davvero perplessi che nessuno, né all’Agenzia delle Entrate, né al Ministero delle Finanze, sia venuto in mente che con un tale progetto in cantiere, il quale comportava trattamenti massivi di informazioni personali dei cittadini, qualche domanda occorreva porsela, e forse una consultazione preventiva con il Garante per la privacy non ci stava per niente male. Tanto di cappello invece all’Autorità per la protezione dei dati personali per come ha svolto efficientemente il proprio lavoro, e forse grazie al suo intervento ci eviterà di perdere quel briciolo di serenità che ancora c’era rimasta.
NICOLA BERNARDI

20 Novembre 2018
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