MAFIA CAPITALE
11:52 pm, 26 Ottobre 16 calendario

Mafia Capitale, processo dei tanti “non ricordo”

Di: Redazione Metronews
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ROMA Smemorati, confusi, trincerati dietro due parole magiche: «Non ricordo». Sono i testimoni del processo Mafia Capitale, sempre più protagonisti delle udienze, croce delizia e degli avvocati, ma soprattutto dei magistrati. «Lei soffre di qualche deficit alla memoria? Ha avuto qualche malattia?» A parlare è il pm Luca Tescaroli, mentre di fronte a lui sta seduto Carlo Pietropaoli, chiamato ieri a testimoniare nell’aula bunker di Rebibbia dai legali dell’ex ad di Ama Franco Panzironi.
Ex consigliere municipale e assessore municipale, poi nella segreteria politica di Marco Visconti e infine nel cda della Multiservizi, nonostante la licenza media e la qualifica di infermiere professionale. Pietropaoli, non indagato, viene considerato l’uomo di fiducia dell’ex assessore all’ambiente Marco Visconti, indagato per corruzione in un altro filone dell’indagine, sulla base degli interrogatori di Franco Panzironi, secondo cui, parte dei soldi versati da Salvatore Buzzi, sarebbero stati utilizzati per finanziare la sua campagna elettorale.
Fra Pietropaoli e Visconti il rapporto è fiduciario («per me era quasi un figlio») e secondo gli inquirenti, in alcuni casi, sarebbe stato proprio lui il tramite tra Panzironi e Visconti. Lui smentisce: «Non ho mai preso niente per Visconti», ma quella di non aver preso soldi o buste da Panzironi per conto di Visconti è l’unico punto fermo della sua deposizione, che ha indispettito anche la presidente del tribunale Rosanna Ianniello. «Lei ricorda solo di non aver ricevuto buste, del resto non ricorda nulla. Di un intero film ricorda un unico fotogramma».
Incalzato dalle domande, Pietropaoli, che in aula ha ammesso di aver fatto assumere sua figlia all’Ama grazie a Panzironi («portava il caffè agli impiegati, ma si licenziò quando usci il suo nome sui giornali»), dei tanti incontri avuti con il “presidente” presso la Fondazione Nuova Italia o la Fondazione De Gasperi, non ha saputo infatti fornire alcuna spiegazione precisa, neanche sulle date: «Andavo così in generale per discutere di Multiservizi o per scambiarci questioni elettorali».
Quegli incontri, secondo Pietropaoli, sarebbero avvenuti sempre su iniziativa personale e quasi mai su esplicita richiesta di Visconti. Anche quando le intercettazioni, lette in aula dall’avvocato Pasquale Bartolo, disegnano, nei fatti, un quadro diverso. Il 16 maggio 2013, ad esempio, c’è Panzironi che chiama Visconti. «Senti, me poi mandà Pietropaoli?». Nello stesso giorno, appuntano gli uomini del Ros, Panzironi incontra Salvatore Buzzi, che dovrebbe consegnargli circa 15mila euro, e poi richiama Visconti: «Non mi hai fatto sapè nulla di Pietropaoli».
Il giorno dopo è lo stesso Pietropaoli a chiamare Panzironi. «Buongiorno presidente, tutto a posto?». I due prima fissano un appuntamento alle 12:30. Poi Panzironi cambia idea: «Senti, ma se ti mando il mio autista qui all’Eur?». Pietropaoli accetta, ma suggerisce di spostare l’incontro a Piazza Mazzini. Invece di Panzironi, quindi, prende il caffè con il suo autista, ma anche di questa circostanza, decisamente singolare, Pietropaoli in aula non sa spiegarne il motivo: «Mi ha mandato l’autista ma non ricordo perché. Ma l’autista (chiamato anche lui a testimoniare ndr) lo ricordo, l’ho visto anche qua fuori».
MARCO CARTA

26 Ottobre 2016
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