Processo Mafia Capitale
4:23 pm, 27 Maggio 16 calendario

L’ex assessore Cutini scarica Marino

Di: Redazione Metronews
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ROMA «Ignazio Marino mi chiese di dimettermi perchè contro di me c’era un ostracismo inspiegabile. Poi, dopo gli arresti del due dicembre, ho capito che la spiegazione c’era». Completo blu e atteggiamento sicuro, per nulla intimorito, l’ex assessore al sociale del comune di Roma Rita Cutini era uno dei testimoni della procura più attesi al processo Mafia Capitale e nella sua deposizione di ieri dell’aula bunker di Rebibbia ha ricostuito il clima di ostilità vissuto nella sua esperienza al comune di Roma. Nomi, cognomi e circostanze precise, di quando la poltica romana decise che se ne doveva andare, anche perchè era sgradita al Pd e al sodalizio di Mafia Capitale. «Dacce una mano perché stamo veramente messi male con la Cutini», diceva Salvatore Buzzi all’ex vicesindaco Luigi Nieri, che da parte sua lo rassicurava.«Lo so, lo so, come no?»
«Il primo dicembre 2014 – ha raccontato la Cutini – il giorno prima degli arresti, il sindaco Marino mi chiese di rimanere come consulente e di lasciare l’assessorato, che sarebbe dovuto andare a Daniele Ozzimo (poi coinvolto nell’inchiesta ndr). «Contro di te c’è un accanimento inspiegabile» mi disse. Poi il giorno dopo è esplosa l’inchiesta giudiziaria Mafia Capitale. E allora non c’era più bisogno di tante spiegazioni. Mi sono sentita isolata e per questo mi sono dimessa. Io avrei capito se la questione fosse stata politica, ma essere allontanata da un sistema che avremmo dovuto combattere. L’ho trovato inaccettabile».
Di pressioni dirette non ne parla Rita Cutini, ma dell’atmosfera ostile che ha accompagnato tutto il suo incarico, quello si. «Contro di me c’è stata una campagna di delegitimazione che è iniziata nel settembre del 2013 ed è finita con le mie dimissioni nel dicembre 2014». Nel suo racconto, la Cutini, più volte ha puntato il dito contro l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, il quale non avrebbe difeso la sua scelta di avvalersi come dirigente della dottoressa Gabriella Acerbi, considerata troppo “rigida”, dal Pd e dalle coop sociali. «La Acerbi aveva fatto risparmiare sull’accoglienza ai minori strenieri rinegoziando il costro giornaliero per migrante da 69 euro a 45 euro, di lei mi fidavo».
Secondo la Cutini, è sotto questa lente che andrebbero letti i tumulti di Tor Sapienza del novembre 2014, quando venne preso d’assalto il centro di accoglienza per minori stranieri, «la cui responsabilità, fra l’altro non era mia, ma del ministero e dell’assessorato alle periferie». La relazione fra gli scontri e coop sociali ha fatto saltare dalla sedia più di qualche imputato, tanto che uno di loro, Sandro Coltellacci, a fine udienza ha preso la parola per ricordare: «La prima coop a rimanere vittima delle proteste fu la cooperativa Atlante, dove lavoravo. Vincemmo un bando, investimmo 200 mila euro per allestire un centro a Settecamini, ma poi insieme all’assessore decidemmo di non aprire il centro per le proteste. Noi eravamo insieme a lei dopo i fatti di Tor Sapienza ad espimere soldiarietà alla presidente della coop». La sua testimonianza ha colto di sorpresa anche l’ex assessore, che, tuttavia, dopo un attimo di smarrimento, ha affermato: «Non rammento».
MARCO CARTA

27 Maggio 2016
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