Matteo grandi
3:35 pm, 4 Gennaio 16 calendario

Ci meritiamo Zalone non i nostri politici

Di: Redazione Metronews
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Che il dibattito pubblico sia incentrato sul conto alla rovescia sballato del Capodanno Rai e sull’ultimo film di Checco Zalone ci può anche stare. Sono argomenti nazionalpopolari che, complici le festività natalizie, attecchiscono piuttosto bene sull’italiano ebbro di prosecco e panettone. Nel caso di Zalone poi, al di là della ridicola indignazione di una certa intellighenzia autoreferenziale, lo tsunami di incassi scatenato dal suo “Quo vado?” è benzina sul fuoco della chiacchiera da bar: ovvio quindi che se ne parli, e parecchio. Un po’ meno ovvio è che lo stesso Zalone stia monopolizzando l’agenda della politica italiana. Succede quando il livello del dibattito è basso e quando la mancanza di punti di riferimento è tale che ci si aggrappa a tutto nel vano tentativo di dare un senso al proprio ruolo. Accade così che l’agone politico si azzuffi sul fenomeno Zalone e, infischiandosene di ripresa, lavoro e riforme, cerchi risposta, in questi giorni, a un unico cruciale interrogativo: i film di Zalone sono di destra o di sinistra? Un teatrino tanto triste quanto surreale che disegna meglio di qualsiasi considerazione il livello dei nostri politici. Con menzione d’onore a Dario Franceschini, il ministro della cultura, che dopo aver lungamente spiegato che Zalone non era degno del David di Donatello, in quanto la quantità di biglietti strappati non equivale alla qualità di un prodotto (in base a quel vecchio e polveroso ragionamento sinistrorso – di cui il cinema italiano è intriso – per cui “se incassa non è arte” ché le masse servono solo a portar voti, ma non capiscono una mazza), ora lo incensa pubblicamente eleggendolo nuovo feticcio della sinistra peninsulare. Con tanto di benedizione pubblica del Premier Renzi che ci tiene a far sapere di aver portato tutta la famiglia a vedere “Quo Vado?” e di mezzo PD Network, che sta cercando di saltare in ogni modo sul carro milionario del vincitore. Vezzi e atteggiamenti da Prima Repubblica, la stessa che Zalone ridicolizza nell’omonimo brano che fa da colonna sonora al film. E dimostrano di come Checco Zalone sia andato oltre la semplice opera cinematografica, creando un terremoto comunicativo che fuori dalle sale cinematografiche è diventato qualcosa a metà strada fra una performance artistica e una supercazzola politica. Perché, vedete signori, la risata non è né di destra né di sinistra, ma, in un Paese sbilenco affidato a una classe politica di disarmante pochezza, è soltanto catartica e liberatoria.
MATTEO GRANDI

4 Gennaio 2016
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