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7:19 pm, 11 Novembre 15 calendario

Dacia Maraini racconta Moravia, Pasolini e la Callas

Di: Redazione Metronews
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INTERVISTA La voce di Dacia Maraini. Quando la ascolti ti rendi conto che è la voce di tutte le donne. Donne che anche se hanno combattuto per i loro diritti, per secoli sono state calpestate, denigrate, umiliate… È così anche ne “La mia vita, le mie battaglie”, libro intervista con Joseph Farrell (Della Porta editore,  p. 160, euro 15) dove Dacia ripercorre la sua straordinaria vicenda umana. Uomini, viaggi, letteratura, amicizie. Dal campo di concentramento in Giappone, alla fame in Sicilia, alla sua vita nella Roma della Dolce Vita.
Dacia, uno dei fil rouge del libro è il suo rapporto col mondo maschile. Partiamo da suo padre, Fosco Maraini. Come lo ricorda?
Era un uomo giovane, vitale, anche se, come padre, spesso latitante.
Cosa le ha insegnato?
L’interesse per gli altri popoli, le altre culture. E la voglia di indagare, di andare a fondo. Ma soprattutto mi ha insegnato il rifiuto totale del razzismo.
Una delle figure centrali del libro è Alberto Moravia, suo compagno per tanti anni. Tra voi è rimasta una profonda amicizia anche dopo che lui ha sposato Carmen Llera. Su cosa si basava?
Sul rispetto. Quando un rapporto è fondato su questo, al di là dell’amore che può cessare, resta l’amicizia.
Quando Carmen non c’era, lei addirittura andava a fargli compagnia.
Ma non perché lei non c’era. Con lei avevano ottimi rapporti e anche adesso li manteniamo.
Un grande vostro amico, con cui avete viaggiato molto, era Pasolini. È vero che c’era in lui un lato molto femminile?  
Pier Paolo era un uomo mite. Direi che c’erano due Pasolini: uno era abitato dall’allegria dalla gioia di vivere.
E l’altro?
L’altro era deluso dal mondo, pensava che il mondo fosse diventato volgare e brutale.
Avrebbe mai pensato che potesse morire così?
No, anche se sfidava i pericoli. Ma possiamo dire che un uomo che sfida i pericoli, sia un uomo che vuole morire? È un atto di grande vitalità rischiare.
Lei dedica un ritratto a Maria Callas: la descrive come una bimba impaurita.
Era così. Una bambina. Pensi solo al fatto che era innamorata di Pasolini. Convinta di guarirlo dalla sua omosessualità. Lui non l’ha mai illusa, era lei che si illudeva.
ANTONELLA FIORI
@aflowerinlife

11 Novembre 2015
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