Giampiero Gramaglia
8:19 pm, 26 Ottobre 15 calendario

Il mea culpa tardivo di Blair

Di: Redazione Metronews
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Parziali, e tardivi, arrivano i mea culpa dei leader di allora e di adesso per la situazione tra Iraq e Siria, dove avanza il sedicente Stato islamico. Barack Obama ha ammesso che il ritiro, avvenuto alla fine del 2011, di tutti i soldati americani dall’Iraq, senza lasciare un presidio nel Paese, è stato, a conti fatti, un errore: un’ammissione utile a giustificare la decisione di non completare il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, dove, dopo oltre 14 anni di massiccia presenza militare americana e alleata, la situazione è lungi dall’essere stabilizzata.
E, ora, Toni Blair, premier britannico all’epoca dell’invasione dell’Iraq nel 2003 e sponsor e mente di tutta quella operazione insieme al presidente Usa George W. Bush, riconosce che la gestione del dopo Saddam fu sbagliata. In attesa che anche Bush ammetta le sue responsabilità e che lui e Blair rendano una confessione completa –non solo la gestione del dopo Saddam fu un errore, ma l’invasione stessa si basava su presupposti deliberatamente falsi-, le dichiarazioni di Obama e Blair sono una prova in più del fatto inoppugnabile che le radici dell’Isis e del suo successo stanno nell’invasione dell’Iraq e nella sua gestione.
 
Il rovesciamento di Saddam Hussein –certo un dittatore, ma come molti altri su questa Terra, spesso tollerati e blanditi- e la disgregazione dell’Iraq, dove gli Stati Uniti e i loro alleati non vollero mantenere le strutture esistenti, a partire dall’esercito; la scelta di leader locali assolutamente inadeguati e partigiani, come il premier al-Malik, fautore della rivincita degli sciiti sui sunniti, invece che della riconciliazione nazionale; l’incapacità d’individuare i nemici più temibili (proprio l’attuale Califfo, catturato dagli americani a Falluja nel 2004, venne liberato poco dopo); e, infine, il ritiro di tutte le truppe americane, complice anche l’ostinata presunzione del governo iracheno; tutti questi elementi hanno contribuito ad alimentare l’ostilità e l’esasperazione dei sunniti contro gli sciiti e a risvegliare e a coagulare sotto le bandiere del Califfato le cellule di al Qaida e i resti militarmente preparati dell’esercito di Saddam, mentre il corrotto e friabile esercito iracheno non riusciva a opporre resistenza.
Intendiamoci, le responsabilità non vanno tutte poste sullo stesso piano: più gravi quelle di Bush e Blair di quelle di Obama. E gli errori occidentali non cancellano né giustificano gli orrori compiuti dalle milizie jihadiste, che ne restano responsabili. Ma esserne consci ed ammetterli aiuterà a non ripeterli, come è di recente successo in Libia.
GIAMPIERO GRAMAGLIA
Vicedirettore di Lapresse

26 Ottobre 2015
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