Carlo Mari
3:51 pm, 9 Settembre 15 calendario

Se pensassimo agli studenti?

Di: Redazione Metronews
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Con gli studenti altoatesini tornati nelle aule lunedì 7 settembre ha preso il via il nuovo anno scolastico. Che anno sarà? Tormentato, a detta di tutti, personale scolastico, studenti, famiglie, sindacati, associazioni, partiti, media. Viste le premesse, purtroppo c’è da crederci. Ma come, c’è stata la riforma? Appunto, proprio per questo, a parte che difficoltà il mondo della scuola ne ha comunque in quantità, riforma o non riforma. Per non dire poi delle criticità di contesto – sociale e valoriale – che sulla scuola non possono non riverberarsi, e pesantemente. Dentro tale scenario ecco la riforma delle discordie, e degli eccessi. Eccessi di trionfalismo governativo e di decisionismo, esercitato a fondo nel settore meno opportuno; eccessi di filosofia dirigistica nel ridisegno delle scuole; eccessi di approssimazione legislativa; eccessi di polemiche anti-riforma, che può non piacere e indurre legittimamente a battaglie forti, ma che queste siano l’ultima spiaggia della democrazia oppure del salvataggio della scuola pubblica dalla sua fine… ; eccessi  linguistici (che sottendono eccessi concettuali e etico-sociali), con quel “deportazione”, vocabolo francamente fuori misura per esprimere le indubbie gravi criticità personali di molti precari che entrano in ruolo. Eccessi di partiti, sindacati e associazioni, con mesi di battaglie legittime, ma anche di forzature  conflittuali sospette come ricerca di un “posizionamento”, che poco aveva a che fare con la scuola reale e parecchio con il potere nelle dinamiche politiche. E il preannuncio, esplicito, di fare della nuova legge un campo di battaglia, fuori e soprattutto dentro le scuole. In democrazia le leggi che non si condividono giustamente si combattono, con gli strumenti propri della democrazia stessa, però nel contempo quelle vigenti si applicano e si rispettano;  tanto più se nuove e quindi da verificare e persino da completare con decreti attuativi, sui quali davvero sarebbe da spendersi in una battaglia costruttiva. Figuriamoci poi in un’istituzione educante come la scuola, nella quale dovremmo formare i giovani alla complessità della cittadinanza. Infine eccessi nell’escogitare italiche genialate, come la creazione di una nuova figura:  il docente titolare al nord e incaricato di supplenza al sud, con nuovi supplenti nominati al nord per coprire i posti lasciati vacanti dai titolari del nord supplenti al sud; con tanti saluti alla continuità didattica e alla celebrata eliminazione del supplentato. In tutto questo davvero ci si è spesi poco in attenzione e proposte su quanto dovrebbe essere al centro di una riforma vera della scuola: la pedagogia, la didattica, la cultura della formazione dei giovani, in una parola il discente. Forse varrebbe la pena ogni tanto ripetersi la domanda: per chi esiste la scuola? e perché esiste? Risposta unica e sola, a nostro avviso, accettabile: per lo studente, e per formarlo nell’interesse della comunità sociale. Visto lo scenario, provochiamo noi stessi con questa domanda: e se una buona volta pensassimo allo studente?       
CARLO MARI

9 Settembre 2015
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